2008 – Opinione: di Roberto Visentin già Sole, Vento e Acqua PFE-CNR 1978-1983

Su La Repubblica di Domenica 5 ottobre 2008 è pubblicato un articolo dal titolo “La cementificazione del territorio italiano è arrivata a 3 milioni di ettari” (quasi il 10% della superficie dello stivale).

Orbene, in questa fase della storia in cui la globalizzazione degli eventi socio economici ha fatto diventare piccola la Terra e tanto grandi i suoi problemi, l’argomento energia è tornato di attualità e

in Italia i tre milioni di ettari di cui sopra, meglio una frazione di tale superficie, possono costituire oggetto di una indagine mirata alla produzione di energia. Le riserve di energia commerciali (prevalentemente carbone e idrocarburi) consumate sulla Terra, anche se in via di esaurimento (per ogni barile equivalente di petrolio scoperto se ne consumano circa due – intervista televisiva recente a Piero Angela) possono assicurare l’alimentazione di consumi globali di energia fino a 20 miliardi di TEP/anno (oggi sono circa 14 miliardi di TEP/anno) per oltre un secolo e mezzo da oggi, anche se a prezzi crescenti.

Quindi al momento non c’è scarsità di energia sulla Terra, ci sono problemi geopolitica per il rifornimento delle energie commerciali, compreso quel che resta dell’uranio (individuato e ragionevolmente sfruttabile) il 70% delle riserve del quale è già stato bruciato dalle circa 450 centrali nucleari in attività sulla Terra. Queste producono solo elettricità e in misura che pesa per meno del 7% sui consumi globali di energia. Il 40% dell’elettricità a buon mercato è prodotta con centrali termoelettriche e alimentate a carbone, mentre la potenza idraulica (rinnovabile) produce sulla Terra quanto quella nucleare.

Tornando ai tre milioni di ettari di cementificazione del suolo italiano, essi costituiscono di fatto tre milioni di ettari di superficie non coltivabili e per la gran parte non utilizzate: infatti essi sono tetti, terrazzi, tettoie di costruzioni civili, dei servizi e industriali sparse sul territorio. Orbene, se solo il 15% di questa superficie marginale risultasse idonea, dopo un’appropriata indagine, come base di appoggio di convertitori fotovoltaici la produzione di elettricità supererebbe i 450 miliardi di kwhe/anno, con le conoscenze attuali, cioè il 50% in più dei consumi totali in Italia (industriali, civili e dei servizi). Le riserve di silicio sulla crosta terrestre possono alimentare “consumo di materiali”, per produrre i convertitori fotovoltaici, per un periodo di tempo superiore a due miliardi di anni, mentre gli altri materiali “consumati” sono ferro, alluminio, vetro tutti riciclabili, e tutto ciò per alimentare con elettricità e idrogeno 20 miliari di TEP/anno globali.

Tutto ciò premesso, visto che tre milioni di ettari di superficie del nostro territorio sono di fatto e per gran parte marginalizzati e “disponibili”, invece di correre a Bruxelles a chiedere la sospensione del programma sulle rinnovabili in Italia che la CEE ci suggerisce perché non iniziare “un efficiente studio tecnico e economico” delle  potenzialità che il nostro territorio offre a questa tecnologia energetica rinnovabile (ha una durata in campo di 25 anni almeno e in due anni recupera l’energia consumata per la sua costruzione) menzionata. Il prezzo dell’energia del sole scende con lo scorrere del tempo mentre quello delle altre energie cresce. Studiare “costa poco” ma può consentire di individuare nuove opportunità; per esempio, i circa 30 milioni di tonnellate di “spazzatura” prodotta ogni anno in Italia contengono energia sufficiente a far marciare ogni anno tutti i treni delle FS.

Quindi anche per il sole ci vuole lo Stato, ma se lo Stato pensa ad “altro”…