2010 – Nucleare, NO GRAZIE Rivedere le scelte si può, risparmiare si deve

Nucleare, NO GRAZIE

Rivedere le scelte si può, risparmiare si deve

di Roberto Visentin*

L’opzione atomica è nata nel 1960, quando i consumi di energia sulla Terra erano almeno dieci volte inferiori agli attuali (oggi attestati a 14 miliardi di TEP/anno) e quelli elettrici non superiori al 20% dei consumi totali. Non erano ancora accaduti incidenti catastrofici, come nel seguito, e si prevedeva una autonomia di almeno due secoli col mondo tutto nucleare, elettricità e idrogeno abbondanti dall’atomo. Lo sviluppo dell’energia elettrica dall’atomo venne dapprima frenato dai bassi costi con i quali elettricità si otteneva con generatori termoelettrici alimentati con carbone e olio combustibile, i rifiuti radioattivi delle centrali elettronucleari in funzione venivano abbandonati in aree isolate o conservati presso gli stessi impianti, ogni paese provava la sua bomba atomica, il problema della contaminazione dell’ambiente era sottovalutato e di fatto non esisteva.

Successivamente, gli incidenti catastrofici, prima in USA (Three Miles Island, 1979) e poi in Unione Sovietica (Chernobyl, 1986), la moratoria internazionale sugli armamenti nucleari (fine della Guerra Fredda), bloccarono ogni iniziativa nucleare nel mondo, nacquero stringenti criteri di sicurezza (EPA/USA) per la gestione degli impianti elettronucleari e l’elettricità atomica veniva messa fuori mercato, causa gli altissimi costi per la sicurezza. Alcuni stati, come la Francia, scaricarono questi costi sulla collettività per continuare a sostenere l’elefantiaco parco elettronucleare francese (voluto dal Gen. De Gaulle per creare l’arsenale di bombe atomiche della Francia, la Grandeur Atomic de la France), mentre altri stati, come l’Unione Sovietica, non li assunsero e continuarono, come continuano, a gestire “a alto rischio” la produzione elettronucleare sovietica. Attualmente sulla Terra sono in funzione 500 GWe atomici che producono elettricità pari al 5,35% dei consumi energetici totali sul pianeta, questi affidati per l’85% a petrolio, carbone, gas naturale e circa 10% all’energia dall’acqua (idroelettricità – rinnovabile), mentre paesi come Iran e Corea del Nord stanno replicando la strategia del passato atomico, energia nucleare prevalentemente per allestire il loro arsenale nucleare bellico.

L’elettricità costituisce oggi nel pianeta il 45% dei consumi di fonti primarie e è così ripartita: 12% da atomo, 16% da idroelettricità, 40% da carbone, 32% da idrocarburi.

Le riserve di Uranio si sono assottigliate, il 50% degli impianti elettronucleari è costituito da sistemi ormai vetusti e sempre più pericolosi, i rifiuti radioattivi si abbandonano in aree desertiche, si inabissano nei mari, si custodiscono in caverne sotterranee, l’inquinamento radioattivo va aumentando mentre il mondo, distratto, continua a correre. Attualmente si valutano ancora ragionevolmente sfruttabili 4 milioni di TONS di Uranio e i consumi del parco di 500 GWe in funzione sono attestati a 70mila TONS/anno. L’autonomia residua di questo parco atomico in servizio sulla Terra è di 57 anni (fino al 2067). L’opzione nucleare è scomparsa, ridotta a fornire il 5,35% dei consumi sulla Terra (una goccia in mezzo al mare) con 57 anni di autonomia residua, autonomia che si riduce a 37 anni con l’ipotetico raddoppio a 1000 GWe della potenza atomica sul pianeta. L’agonia dell’atomo è inarrestabile e solo un consumo parsimonioso dello stesso (che rende comunque residuale il contributo dell’energia atomica rispetto ai consumi globali) quale si è verificato fin qui, a causa delle vicende prima citate, può salvare dal fallimento l’industria nucleare e ridimensionare i fautori ideologici di questa energia.

Ma non è solo l’atomo prossimo alla stazione di arrivo, lo è anche il petrolio a basso prezzo, su cui è basata l’economia dei consumi dal secolo scorso a oggi. In Iraq ci sono 112 miliardi di barili di petrolio estraibili a 2/2,5 $/barrel e si ipotizzano altri 100 miliardi da individuare. Le riserve di petrolio a basso prezzo sono circa 600 miliardi di barili (un terzo dei quali in Iraq) mentre i consumi globali sono attestati a 25 miliardi di barili ogni anno: tra 24 anni (Anno 2034) il petrolio a basso costo non è più disponibile nel mercato dei consumi. Di petrolio da estrarre ce ne è ancora (circa 2000 miliardi di barili) ma costerà molto di più di 2 $/barrel dato che bisogna  pomparlo su dagli abissi del mare, dai ghiacci del Polo Sud e spremerlo dalle sabbie bituminose e da scisti oleosi.

A questo punto, visto che l’opzione nucleare universale, eterna, pulita, sicura, a basso prezzo è solo una chimera, che il petrolio sporco a basso prezzo ha i lustri contati e che le riserve di gas naturale e carbone (di cui, per memoria, esistono 5mila miliardi di TONS di carbone geologico tuttora non intaccato) a buon prezzo, anche se abbondanti, non sono illimitate, il risparmio di energia (taglio dei consumi non obbligati, riduzione d’intensità di quelli obbligati) appare essere la prima strategia globale di sopravvivenza. Il passo successivo è quello dell’economia dei nuovi Fuels, per alimentare la mobilità individuale e collettiva di persone e merci, che solo per il movimento al suolo è rappresentata oggi da quasi un miliardo di veicoli in circolazione. I consumi per la mobilità motorizzata nel globo sono circa il 25% dei consumi totali di fonti primarie (prevalentemente petrolio, gas metano) e cioè 3 miliardi e mezzo di TEP ogni anno. Idrogeno e Agrofuels dovranno sostenere questo livello di consumi: l’Idrogeno sarà necessario per produrre carburanti sintetici in impianti industriali, già ben collaudati, di idrogenazione del Carbonio e come fuel per i veicoli a motore a scoppio o a fuelcell Idrogeno-aria. Gli agrofuels alimenteranno in toto o in miscela con benzine e gasoli sintetici (come oggi in miscela con derivati da petrolio), motori a scoppio e diesel. Tuttavia tenuto conto che la popolazione mondiale è in crescita e al 2040 non sarà inferiore a 8 miliardi di unità, non possiamo attenderci un grande contributo dagli agrofuels (bioetanolo e biodiesel) per la impossibilità di sequestrare a fini energetici sempre più ampie superficie coltivabili e idonee a produrre mais per l’alimentazione umana. Pertanto all’Idrogeno verrà affidato il carico più significativo per alimentare il mercato dei fuels per la mobilità motorizzata.

I processi industriali oggi in uso per ottenere idrogeno da metano o dal carbone, appaiono del tutto inadatti a produrre Idrogeno in grande quantità come fuel a buon prezzo, sia per le quantità in gioco sia per lo sfavorevole bilancio energetico. Quindi Idrogeno puro dovrà essere prodotto per elettrolisi dell’acqua in ciclo chiuso per la conservazione dell’acqua (acqua-elettricità-idrogeno-conversione-acqua). La produzione di Idrogeno per elettrolisi avrà come conseguenza grandi consumi di energie primarie o, nel caso dell’energia solare (luce, vento, acqua), di materiali, visto che la riserva di energia solare è illimitata. Per l’energia solare il principale materiale consumato è il Silicio, mentre gli altri sono materiali riciclabili, quali Ferro, Alluminio, Rame, Argento, di cui in questa esposizione trascuriamo il consumo. In Tabella 1 sono riportati i consumi di energie e materiali per produrre 1 metro cubo di Idrogeno.

Materiali – Energia

Consumo

Silicio

0,096 g

Carbone

1,19 Kg

Uranio

0,098 g

(gas naturale)

(0,94 m3)

(petrolio)

(1,02 Kg)

Tabella 1 – Consumi di energia e/o materiali per produrre 1 metro cubo di Idrogeno elettrolitico.

Gas naturale e petrolio sono riportati in parentesi in quanto tali energie non presentano convenienza economica a produrre Idrogeno per elettrolisi dell’acqua, essendo essi stessi fuels.

I valori sono riportati per avere ordini di grandezza.

Pertanto Sole, Carbone, Atomo restano i potenziali candidati ad alimentare l’economia dell’Idrogeno sulla Terra. Nella Tabella 2 sono messe a confronto le effettive potenzialità di queste energie nelle seguenti ipotesi:

  • Consumo per mobilità sulla Terra al 2037 (anno della transizione energetica globale) uguale a quello registrato nel 2008 (3 miliardi e mezzo di TEP/anno)
  • 18% affidato a produzione di agrofuels, con sequestro a fini energetici del 5% delle superficie coltivabili della Terra
  • 82% affidato a Idrogeno, pari a 11500 miliardi di metri cubi da produrre ogni anno

Materiale – Energia

Consumo

Autonomia residua

Silicio

1099 miliardi di grammi

Oltre 1 milione di secoli

Carbone

13600 miliardi di Kg

73 anni

Uranio – Torio

1122 miliardi di grammi

3-8 anni

Potenza termoelettrica equivalente in esercizio 8800 GWe.

Tabella 2 – Consumi di materiali e di energie per produrre tramite elettrolisi dell’acqua 11500 miliardi di metri cubi di Idrogeno all’anno; l’autonomia residua rappresenta l’intervallo di tempo nel quale la riserva di energia o di materiali si considera esaurita (per il Carbone si è supposto di attingere al 20% delle riserve geologiche).

I dati della Tabella 2 dimostrano che l’atomo non può sostenere l’economia dell’Idrogeno sulla Terra, le sue riserve sono del tutto insufficienti. L’economia dell’Idrogeno resta affidata alla riserva perenne dell’energia solare, alle immense riserve di Silicio della crosta terrestre, alle riserve di Carbone geologico.

Tornando infine ai fatti di casa nostra, prima inquadrati nel contesto globale, la decisione di imbarcarsi nell’avventura nucleare in Italia, avventura già rifiutata con referendum popolare, comporterebbe affrontare altissimi costi di investimento (costruzione, smantellamento) che dovrebbero essere ammortizzati nella tariffa, tariffa cui dovrebbero essere aggiunti i costi della sicurezza, contro attentati terroristici catastrofici, per il trasporto di combustibile radioattivo, per il trasporto, immagazzinamento e custodia di rifiuti radioattivi e mutageni, per organizzare e gestire i piani di evacuazione delle popolazioni residenti attorno alle centrali atomiche in caso di incidente, di gestione in massima sicurezza rispettando la convenzione di allarme internazionale in caso di guasto di livello determinato, tutto ciò e altro ancora, per arrivare a produrre meno del 20% dell’elettricità consumata ora in Italia a tariffe non competitive, con una tecnologia energetica dal futuro molto incerto (vista anche la scarsità delle riserve) aggiungendo tonnellate di rifiuti tossici e mutageni ai tanti altri che avvelenano il nostro territorio.

Questa decisione, appare opportuno rivedere. Tanto più che se si vuole uscire dall’olio combustibile, nel breve, senza rischi, con prospettiva di lungo periodo, a costi molto inferiori, basta trasformare le centrali termoelettriche ora alimentate con olio combustibile in centrali policombustibile a combustibile solido (carbone, biomasse, CDR-combustibile da rifiuti solidi urbani). Questo fatto, oltre tutto apre il mercato a energie endogene (biomasse – CDR) con effettiva e quantificabile riduzione delle importazioni energetiche, mentre innesca una contestuale opera di bonifica di tutto il nostro territorio.

Legenda:

barrel: barile di petrolio (circa 160 Kg)

EPA: Environmental Protection Agency

Fuels: carburanti

GWe: Miliardi di Watt elettrici

TEP: Tonnellata Equivalente di Petrolio

TONS: tonnellate